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Castel Nuovo (Maschio Angioino)
Con la conquista del Regno di Napoli da parte di Alfonso
d'Aragona (1442), il superbo Maschio angioino, costruito in una posizione
significativamente strategica per la città direttamente in rapporto
con la zona del porto, secondo un preciso disegno di potenziamento del
traffico mercantile e dell'attività economica che trovano sviluppo
soprattutto in relazione alle vie di comunicazione marittima fu oggetto
di un intervento di radicale trasformazione ed ampliamento.
Il cantiere di Castel Nuovo diventò, per merito del re aragonese,
un'officina artistica di alto livello, dove furono impegnati fino al
1458, anno della sua morte, artisti, architetti, maestranze ed artigiani
di origine italiana e straniera.
Al maiorchino Guillermo Sagrera venne affidata la direzione complessiva
dei lavori di ampliamento e ristrutturazione del grande Castello, che
si configura ora come fabbrica munita di cinque robusti bastioni finalizzati
a potenziare il ruolo difensivo dell'edificio trasformatosi pertanto
in vera e propria reggia-fortezza.
L'unica zona del Castello che non mutò l'aspetto originario risalente
ad età angioina e la
Cappella di Santa Barbara, prezioso gioiello dell'arte gotica, decorata
dai perduti affreschi di Giotto e dell'allievo Maso di Banco, questi
ultimi tuttora in parte superstiti.
Matteo Forsimanya aggiunge soltanto lo splendido rosone in facciata
che contribuisce ad impreziosire il rigoroso ambiente gotico.
Impostata secondo criteri desunti dall'architettura classica, la maestosa
Sala dei Baroni, ideata dal Sagrera, si pone a simbolo di una cultura
di estrazione iberica sulla quale si innestano non pochi caratteri desunti
dal mondo antico; la volta, concepita come una grande stella convergente
in un oculo centrale, che rammenta la configurazione del Tempio di Baia,
si snoda secondo una sequenza agile ed elegante di costoloni in piperno.
Anche il pavimento era particolarmente prezioso per il largo impiego
di maioliche valenzane che trovarono uso, nello stesso periodo, anche
in edifici di culto napoletani, come la Cappella Caracciolo del Sole
in San Giovanni a Carbonara e il tempietto di Giovanni Pontano.
Ma è l'Arco marmoreo di accesso al Castello il simbolo più
significativo del potere della dinastia aragonese, con il suo ruolo
di evento al tempo stesso celebrativo e di alto livello artistico.
Nell'Arco marmoreo, di recente restaurato, e la cui parte maggiore raffigura
il trionfo di Alfonso ad altorilievo, lavorarono scultori di diversa
estrazione culturale.
Accanto al grande Francesco Laurana di origine dalmata e responsabile
anche della bellissima Madonna con il Bambino per la facciata, oggi
sistemata all'interno della Cappella di Santa Barbara, erano attivi
nel cantiere artisti di formazione donatelliana come Antonio di Chellino
ed Isaia da Pisa, di origine lombarda come Paolo Taccone e Pietro da
Milano, oltre al raffinato Domenico Gagini, di cultura fiammingo-borgognona
ed iberica come Pere Joan.
Un crogiuolo di idee, stili, connotati formali desunti dal Rinascimento
toscano, dal mondo figurativo d'Oltralpe e di area adriatica per un
esito corale di eccezionale livello, non immemore anche sia nella parte
strettamente scultorea che in quella architettonica della grande tradizione
artistica del mondo classico.
Nel Castello meritano un cenno anche la Cappella delle Anime del Purgatorio,
annessa a quella di Santa Barbara, che conserva testimonianze dipinte
a fresco e su tavola del XVI secolo, e la Cappella.di San Francesco
di Paola decorata nel Seicento, dove il dipinto del Santo titolare,
poi sostituito da una copia, era di mano del grande pittore spagnolo
Jusepe de Ribera.
Dopo anni di malaccorta gestione ed uso improprio degli ambienti, il
Castello si avvia oggi ad una più pertinente e consona destinazione
culturale, come documenta la recente istituzione del Museo Civico che
raccoglie la parte migliore del patrimonio artistico di proprietà
comunale dal XIV al XIX secolo: un ampio ventaglio di sculture, affreschi,
dipinti su tavola e su tela, bronzi e argenti che ricuciono la storia
della città.
Seguirà a questo primo ed importante contributo la creazione
di un altro nucleo museale incentrato sulle testimonianze figurative
e documentarie di Napoli Capitale, dall'età angioina all'Unita
d'Italia, destinato senza dubbio alla riqualificazione e alla corretta
valorizzazione del monumentale edificio.
(Flavia Petrelli)
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