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Certosa di San Martino
Della primitiva soluzione architettonica della fabbrica,
voluta da Carlo duca di Calabria accanto al castello di Belforte (1325),
rimangono pochissimi elementi: sono riconoscibili alcune aperture con
archetti in stile catalano - che si trovano nell'ex refettorio usate
probabilmente come passa vivande e venute alla luce in un recente restauro.
Gli architetti che iniziarono la costruzione della Certosa furono i
medesimi che lavoravano negli stessi anni al castello: Tino di Camaino
e Francesco di Vivo, cui successero nel tempo Attanasio Primario e Giovanni
de Bocza.
La Certosa fu portata a termine e inaugurata nel 1368, sotto il regno
della regina Giovanna I, ma i certosini avevano preso possesso del monastero
già dal 1337.
Il complesso fu dedicato a San Martino, vescovo di Tours - non a San
Bruno patrono dell'Ordine - probabilmente per la presenza nel luogo
di una antica cappella preesistente a lui dedicata.
Verso la seconda metà del secolo XVI, sotto la spinta della controriforma,
la Certosa, retta in quegli anni dal priore Saverio Turboli (1581-1606),
fu modificata secondo criteri più moderni e grandiosi.
Il primo architetto artefice di gran parte delle trasformazioni della
fabbrica fu Giovanni Antonio Dosio, che di origine toscana e di formazione
e gusto manierista, seppe imprimere nei suoi interventi quella misura
delle proporzioni e ricerca di perfezione formale che si evidenziano
nel grande chiostro.
Diviso in quindici campate da colonne di ordine dorico-toscano, il chiostro
fu attribuito in passato all'architetto bergamasco Cosimo Fanzago, che
intervenne invece, quale direttore dei lavori alla fabbrica della Certosa,
solo nel 1623.
Le aggiunte del Fanzago danno al chiostro l'aspetto attuale di un'opera
eminentemente barocca.
Si devono a lui l'aggiunta di lesene sulle colonne; il piccolo cimitero
ornato da teschi (il memento mori è tema ricorrente nelle arti
visive controriformate).
Sono anche a lui ascrivibili cinque dei sei medaglioni che raffigurano
santi, posti sulle porte angolari del portico (il San Gennaro è
un'opera giovanile di Domenico Antonio Vaccaro) e le otto statue poste
sulla balaustra.
Il chiostro piccolo, detto dei Procuratori, è anch'esso opera
di Dosio e presenta le stesse caratteristiche proporzionali, di larghezza
delle campate e distanza tra le colonne, di cui si è già
detto per il chiostro grande; al centro fu posto, nel 1605, un pluteale,
opera di Felice de Felice.
Sotto il priorato di Giovan Battista Pisanti (1640 ca.) si cominciò
la decorazione dell'appartamento del priore, detto Quarto.
La gran parte del lavoro fu eseguita da Domenico Gargiulo, che l'ornò
con brani di pittura paesaggista.
Il pavimento del Quarto, in cotto e maiolica, fu opera di Giuseppe Massa,
datato 1741, decorato con motivi di nastri, volute e decoro "a
graticcio".
Il monastero, dopo alterne vicissitudini, fu soppresso dai francesi
nel 1806 ed i certosini lo dovettero abbandonare.
Le opere lì custodite furono acquisite dallo Stato.
(Patrizia Piscitello)
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