L'edificio,
tra i massimi esempi dell'architettura civile
del Rinascimento in città, presenta una
severa mole accentuata dall'angustia della strada
antistante e dal rivestimento della facciata
e dei due lati a bugne rettangolari in tufo
giallo e grigio, poco aggettanti.
Al centro della facciata si apre un ampio portale
marmoreo architravato sopra il quale corre un
ricco fregio di foglie di quercia alternate
a foglie di alloro, sostenuto all'estremità
da due mensole.
La cornice presenta una decorazione
costituita da tre scudi alternati a tre stadere
e due tondi entro cui è raffigurato un
cuoio disteso delimitato da due busti di imperatori
romani; più in alto dentro una nicchia
è posta una statua di Ercole.
Una epigrafe
sul portale ricorda il fondatore dell'edificio,
Diomede Carafa, e la data 1466.
A coronamento
della facciata, in alto, corre un'elegante cornice
sorretta da mensole alternate a rosoni, al di
sotto della quale, ai due spigoli del prospetto
frontale, sono i ritratti scolpiti del Carafa
e della consorte.
All'interno, l'ampio vestibolo
a volta ribassata impostato su un grande arco
sostenuto da pilastri polistili e capitelli
a decorazione vegetale rivela con chiarezza
l'appartenenza alla tradizione architettonica
catalana.
Fin dalla sua edificazione il palazzo
è stato adibito a sede di raccolta di
oggetti d'arte.
L'interesse collezionistico
di Diomede Carafa rimane splendida testimonianza
nella testa di cavallo, oggi conservata al Museo
Nazionale di Napoli, e sostituita, nella sua
collocazione originaria, in fondo al cortile
del palazzo, da una copia in gesso bronzato.
La testa equina fu donata da Lorenzo il Magnifico
a Diomede Carafa nel 1471, come hanno potuto
accertare alcune ricerche documentarie.
Dopo
un lungo periodo di decadenza, succedutosi alla
morte di Diomede Carafa, nel 1487, il palazzo
ritornò all'antico splendore ai primi
del Settecento con Francesco Carafa, principe
di Colubrano, e con sua moglie, Faustina Pignatelli,
i quali ne fecero un importante cenacolo e nel
1813 il palazzo fu acquistato dall'avvocato
Santangelo che lo volle splendida sede della
sua raccolta di quadri, vasi etruschi, stampe
e disegni, monete e medaglie, nonché
di una ricca biblioteca.
(Donato Salvatore)
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