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Napoli Antica

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La Storia di Napoli : Età Antica

Secondo alcune fonti antiche nel corso del IX secolo a.C. navigatori di Rodi fondarono sull’isolotto di Megaride (ora Castel dell’Ovo) e sulla retrostante collina di Pizzofalcone una colonia commerciale, che fu denominata Partenope.

Successivamente, intorno alla meta del VII secolo a.C., quel primitivo insediamento fu occupato dai coloni greci di Cuma durante la loro progressiva espansione in Campania.

I Cumani furono probabilmente costretti ad abbandonare questa roccaforte a seguito dell’avanzata nella regione nel VI secolo a.C. dei loro avversari, gli Etruschi; essi riedificarono poi la città intorno al 470 a.C. circa, allorché, sconfitti con l’aiuto dei Siracusani i loro nemici, fondarono, ad oriente della primitiva stazione di Partenope (che assunse il nome di Palepoli), Neapolis.

La città sorse su un pianoro degradante a sud verso il mare e protetto sugli altri lati da valloni.

In quest’area, corrispondente a quello che viene definito il Centro Storico della città odierna, ininterrotta è stata la continuità di insediamenti per più di duemila anni. Numerosissime vi rimangono le tracce della città antica, anche se la continuità di vita che vi è sempre stata ha comportato tante e tali distruzioni e trasformazioni, che oggi esse appaiono frammentate ed episodiche, spesso anche difficilmente visibili.

I primi nuclei della città
(da C.De Seta "Le città nella storia d'Italia - Napoli" Laterza 1981)

Le testimonianze archeologiche che più contribuiscono ad evidenziare la fisionomia della città antica sono le mura di cinta e l’impianto urbano.

L’andamento delle fortificazioni, che furono costruite in blocchi di tufo locale contrassegnati da segni di cava (e di recente è stata individuata sotto il cimitero di Santa Maria del Pianto una delle cave di estrazione di tale materiale costruttivo), è stato ricostruito grazie al ritrovamento di molti tratti di esse. Il circuito delle mura si estendeva dalla collina di Sant’Aniello a Caponapoli per via Settembrini fino a Castel Capuano e Forcella e proseguiva per Corso Umberto I fino a piazza Bovio, risalendo sul lato occidentale verso piazza Bellini e via Costantinopoli.

La città muraria era costituita di due colline, con le facce a vista leggermente a scarpata e unite tra loro da muri trasversali; lo spazio, quasi delle camerette, che si veniva a creare era riempito con strati di pietrame e scaglie di lavorazione del tufo alternati a strati di terreno e costituiva il cosiddetto emplecton.

Due fasi di costruzione sono state individuate: la prima, in blocchi di tufo granuloso, da porsi nel V secolo a.C. in concomitanza con la fondazione della città, e la seconda, in tufo compatto, riferibile ad una ristrutturazione e potenziamento della struttura difensiva, databile al IV secolo a.C., allorché la città si trovò in una difficile situazione politica e militare. La prima fase ed il rifacimento di IV secolo sono chiaramente visibili nelle strutture in largo Sant’Aniello a Caponapoli, ove gli scavi effettuati hanno messo in luce anche un tratto delle fortificazioni di epoca angioina, sovrappostesi a quelle greche.

Sono databili invece al IV secolo a.C. i tratti delle mura presenti in piazza Cavour sotto la rampa Maria Longo (alle spalle del grande edificio che prospetta sulla piazza) ed in piazza Bellini.

La struttura era talmente poderosa, che davanti ad essa lo stesso Annibale fu costretto a desistere dal dare l’assalto alla città, alleata dei Romani.

 
All’interno della cinta l’impianto urbano, ancora riconoscibile nella regolare distribuzione degli isolati e nell’andamento delle strade della città moderna, si organizzava intono a tre assi viari principali paralleli (plateiai  o decumani), corrispondenti rispettivamente alle attuali vie Sapienza-Pisanelli-Anticaglia- Santi Apostoli (decumano superiore), via Tribunali (decumano mediano o maggiore), via San Biagio dei Librai-Vicaria-Forcella (decumano inferiore), tagliati perpendicolarmente da assi minori più stretti (stenopoi o cardines).
Pianta di Napoli Greco-romana

Tale impianto per la sua concezione risponde pienamente a quei valori di coerenza e organicità che si vennero affermando nell’urbanistica greca del V secolo a.C. e che generalmente viene accostato al nome di Ippodamo di Mileto.

Il disegno urbanistico della città non mutò in età romana. Il centro civile della città greca, l’agora, ubicato nell’area dell’attuale piazza San Gaetano, ove si svolgevano la maggiore parte delle funzioni amministrative, politiche, economiche e giudiziarie, mantenne la stessa destinazione, costituendo il foro.

A nord dell’area si estendeva il complesso del teatro e dell’odeion, mentre al centro di essa sorgeva su un alto podio il tempio dedicato ai Dioscuri, divinità patrie di Neapolis.

Del tempio, rifatto completamente in epoca tiberiana, ma già esistente precedentemente, restano ora solo due delle sei colonne del pronao incorporate nella facciata della chiesa di San Paolo Maggiore.

Nel primo secolo dell’impero, anche a seguito dell’istituzione nel 2 d.C. degli Italikà Romaia Sebastà Isolympia  (agoni quinquennali che comprendevano gare equestri, ginniche, musicali e rappresentazioni drammatiche) e dei danni che gli edifici subirono a causa del terremoto del 62 d.C. e dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., si verificò a Napoli una intensa attività di costruzione di opere pubbliche: a questo periodo risalgono infatti tutti gli edifici monumentali di cui si conservano resti, dai teatri (nell’area di via Anticaglia) al tempio dei Dioscuri (attuale chiesa di San Paolo Maggiore), al macellum  (i cui resti si estendono sotto la chiesa e il convento di San Lorenzo Maggiore).

Ma il fervore costruttivo non significò per Neapolis un sintomo di ripresa da quella crisi che dal I secolo a.C. compromise le fiorenti attività commerciali.

La città divenne meta di ricchi proprietari fondiari e di uomini di cultura, attratti dall’amenità dei luoghi e dalla "grecità" dei costumi e delle tradizioni.

Le ricche ville che sorsero soprattutto lungo il litorale attestano il carattere residenziale e turistico ed il ruolo di città degli otia  che Neapolis acquistò in questa fase e che mantenne a lungo, finché la crisi economica si fece sempre più evidente nel corso degli ultimi secoli dell’impero.

(Giuseppe Vecchio)

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