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Napoli Aragonese

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La Storia di Napoli : Età Aragonese
Alfonso d'Aragona
(1442-1458)
A.D'Orsi - 1888 - Facc. Palazzo Reale Napoli

Nel 1442 Alfonso d'Aragona conquistò la città di Napoli dopo la vittoria sull'ultimo re della dinastia angioina, Renato, e fece il suo ingresso trionfale nella capitale nel febbraio del 1443.

Il Regno di Napoli entro cosi a far parte, come centro principale, della Confederazione di stati della Corona d'Aragona.

Con la nuova dinastia si determinarono l'incremento dei traffici e delle relazioni politiche, l'accentramento dei servizi presso la corte e l'accentuarsi degli scambi culturali e commerciali tra l'Italia meridionale e le regioni iberiche: la città venne dunque a trovarsi al centro di un vasto e vitale circuito mediterraneo.

Alla morte di Alfonso nel 1458, la successione al trono passò al figlio Ferrante che si troverà al centro della famosa congiura dei baroni finalizzata al ripristino della corona angioina ma destinata a naufragare dopo la battaglia navale di Ischia nel 1465.

Lo storico evento della nuova conquista aragonese è ben rappresentato nella famosa Tavola Strozzi di Francesco Pagano, conservata nel Museo di Capodimonte, che delinea perfettamente la situazione urbanistica napoletana della seconda metà del Quattrocento.


Tavola Strozzi - Napoli Museo di Capodimonte
Celebrazione di Ferrante d'Aragona vittorioso su Giovanni D'Angiò nella battaglia di Ischia (6 luglio 1465)

Si evidenzia subito il rapporto privilegiato che la città aveva stabilito con il mare: Castel Nuovo, il porto e la Torre di San Vincenzo rappresentano infatti il centro pulsante delle attività urbane; alle spalle il reticolato dei cardini e dei decumani dell'insediamento antico con le fabbriche religiose risalenti ad età angioina, rimasto per lo più inalterato, ed infine gli altri edifici fortificati, progettati per la difesa della città: Castel dell'Ovo ristrutturato sul mare e Castel Capuano nella zona orientale, l'antico Belforte o Castel Sant'Elmo sulla collina.

Un itinerario delle testimonianze storico-artistiche di età aragonese deve necessariamente puntare come prima tappa fondamentale su Castel Nuovo, vero e proprio modello di reggia fortificata, sede della Corte di Alfonso.

Il re promosse la sua ristrutturazione che avvenne ad opera dell'architetto marocchino Guillermo Sagrera, responsabile della nuova conformazione trapezoidale della grande fabbrica angioina, che si arricchì di cinque torri angolari.

Ma l'opera più spettacolare che gli spetta e la maestosa volta della Sala dei Baroni concepita secondo un disegno stellare culminante al centro con un luminoso oculo aperto.

All'esterno, il superbo Arco di Trionfo in marmo bianco, di recente restaurato e restituito al suo originario splendore, si pone a simbolo della sovranità di Alfonso sulla città.

E un'opera straordinaria, frutto del lavoro di numerose maestranze di diversa cultura e provenienza tra le quali va segnalato il grande Francesco Laurana - che crearono un documento eccezionale per aree di influenza: la componente fiammingo-borgognona accanto a quella iberica e dalmata e a quella toscana si fa qui testimonianza storico-artistica di carattere prettamente mediterraneo di altissimo livello.


Castel dell'Ovo

Castel S.Elmo
Certosa S.Martino

Castel Nuovo
Sala dei Baroni

Castel Nuovo
Arco di Trionfo

Porta Capuana
Giuliano da Maiano -1484

Antonio Rossellino
Tomba di Maria d'Austria
Chiesa S.Anna dei Lombardi

Benedetto da Maiano
Altare dell'Annunciazione
Chiesa S.Anna dei Lombardi


Concepita come un grande arco trionfale stretto fra due torri e progettata da Giuliano da Maiano nel 1484, Porta Capuana e invece la maggiore della città, in quanto collega con la più importante via di comunicazione diretta al nord.

Mostra evidenti riferimenti ai modelli architettonici romani e venne pesantemente alterata nella parte superiore in occasione dell'ingresso a Napoli dell'imperatore Carlo V nel 1535.

Più piccola, ad una semplice arcata liscia e decorata dal bassorilievo di Alfonso duca di Calabria a cavallo, Porta Nolana costituisce, insieme ad altre porte napoletane poi smembrate, il ricordo della parte di rilievo svolta dall'aragonese nella riedificazione della cinta muraria della città.

Nel settore della scultura un altro apporto di grande interesse figurativo per gli stretti legami con la coeva produzione toscana del Rinascimento va individuato nelle Cappelle Piccolomini e Terranova (poi Mastrogiudice) nella Chiesa di Monteoliveto.

Nella prima il donatelliano Antonio Rossellino imposto secondo i medesimi criteri adottati in San Miniato a Firenze il sepolcro di Maria d'Aragona; nella seconda Benedetto da Maiano realizzo sculture del filone sviluppatosi a Firenze alla meta del secolo.

Maestro eccellente nella lavorazione della terracotta, il modenese Guido Mazzoni lasciò invece nel tardo Quattrocento il gruppo del Compianto sul Cristo morto per la Cappella Origlia a documento della corrente emiliano-ferrarese caratterizzata da un forte accento pietistico ed espressionistico che aveva gia dato esiti eccellenti nelle opere dell'Italia centrale.

Tra i maggiori esempi della produzione pittorica di quest'epoca va innanzitutto segnalata per il suo respiro internazionale l'opera del Colantonio, autore dei polittici in San Lorenzo Maggiore, San Domenico Maggiore e San Pietro Martire, nei quali il maestro si accostava sia alla cultura umanistica di Piero della Francesca che ai grandi testi della pittura fiammingo-borgognona.


Dopo di lui l'anonimo maestro del Polittico di San Severino apostolo del Norico, proveniente dalla chiesa dei Santi Severino e Sossio e passato, dopo il restauro, nel Museo di Capodimonte, coniugava il verbo franco-fiammingo con gli esiti coevi della pittura veneto-marchigiana per risultati di alto profilo, degni della migliore e piu famosa pittura fiorentina e d'Oltralpe.

Ancora uno 'sguardo vale la pena di dare anche alla produzione cosiddetta "decorativa" che a quest'epoca doveva essere cospicua ma che a noi e giunta in pochissima parte. Di questa vanno comunque ricordati i pavimenti della Cappella Caracciolo del Sole in San Giovanni a Carbonara, grandiosa testimonianza della diffusione delle maioliche di gusto valenzano, a loro volta debitrici alla cultura araba (che decoravano anche la Sala dei Baroni in Castel Nuovo), e quello della Cappella Pontano che venne realizzato da maestranze locali sui piu pregiati esempi di origine iberica.

Nell'ambito architettonico i documenti superstiti nell'assetto urbano risultano anch'essi scarsi ma di alta qualita: emblematico ci sembra il palazzo di Diomede Carafa, conte di Maddaloni, in via Spaccanapoli, terminato nel 1466, nel quale coesistono elementi tardogotici e rinascimentali.

Il paramento a bugne caratterizza la facciata esterna; il portale marmoreo, simile a qvello di palazzo Petrucci in piazza San Domenico, si distingue per le forme di estremo rigore cIassico.

I battenti della porta lignea, esempio rarissimo a Napoli, rivelano invece ancora l'interesse per il gotico fiammeggiante.

Altri elementi di tradizione durazzesca si riscontrano invece nel cortile interno: l'arco ribassato torna anche in altre simili soluzioni architettoniche nel palazzetto Penna ai Banchi Nuovi e nella chiesa di Monteoliveto, cosi come il bugnato a punta di diamante, di chiara ispirazione iberica, contraddistingue la facciata di palazzo Sanseverino a piazza del Gesù, poi trasformato nella chiesa barocca del Gesù Nuovo.

Il caso singolare, che riconduce aIla cultura classicistica dell'umanesimo toscano, e rappresentato dalla Cappella funeraria di Giovanni Pontano in via Tribunali, opera di Francesco di Giorgio Martini.

Ha forma squadrata a parallelepipedo, scandita all'esterno da lesene scanalate con capitelli corinzi e robusta trabeazione e le membrature in piperno si alternano ad iscrizioni greche e latine in marmo che conferiscono all'edificio il carattere di tempietto laico, raffinato prodotto di una cultura volta ormai all'erudizione archeologica. Per finire, un cenno ad un esemplare unico nel suo genere: il piccolo balcone situato lateralmente alla facciata posteriore della chiesa di San Domenico Maggiore nella piazza omonima.

(Flavia Petrelli)

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