L'elegante
dimora di Bartolomeo di Capua, principe della
Riccia e conte di Altavilla, fu costruita entro
il 1513 dall'architetto Giovanni Donadio detto
il Mormando sul tratto del decumano inferiore
corrispondente alla via San Biagio dei Librai.
Esempio notevole di architettura rinascimentale
napoletana, presenta in facciata artifici che
ne migliorano la lettura, come i giochi cromatici
delle membrature in marmo e piperno e il motivo
delle finestre di diverse dimensioni.
La facciata è divisa in due ordini di
cui il primo racchiude due piani con finestre
quadrate e con finestre ad arco a tutto sesto,
scandite da lesene scanalate con capitelli compositi
poggianti su un alto basamento.
Il secondo ordine ha lesene lisce con capitelli
corinzi alternate ad ampie finestre con eleganti
cornici in marmo con inciso il motto "MEMINI".
La sostituzione nel XVIII secolo del portale
mormandeo, composto da due pilastri ionici ed
arco a tutto sesto, che riprendeva il motivo
di una arcata trionfale, con un portale più
semplice ma più ampio, e l'apertura di
botteghe realizzate tagliando il basamento hanno
modificato l'equilibrata e geometrica scansione
di pieni e vuoti della facciata, di cui si conserva
il ricordo in antiche incisioni.
Nel 1701 il palazzo fu teatro della Congiura
di Macchia, come ricorda una iscrizione che
corre sotto la cornice della volta del salone,
affrescato da Francesco De Mura e raffigurante
Carlo di Borbone salvato nel 1744 da Bartolomeo
di Capua nella battaglia di Velletri.
Il dipinto in gran parte è stato distrutto
dal bombardamento aereo del 1942 e ridipinto.
Settecentesche sono le finte prospettive affrescate
sul muro di cinta del giardino pensile ed oggi
quasi del tutto cancellate, come pure del XVIII
secolo sono le sculture della terrazza e la
scala, sistemata prospetticamente sul fondo
del cortile.
Nel 1759 il palazzo fu acquistato
da Saverio Marigliano del Monte ed attualmente
il piano nobile è sede della Soprintendenza
Archivistica della Campania.
(Gemma Cautela)
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